Agivi, non perdevi tempo. Vivevi!

Mi è stato chiesto di raccontare i miei ricordi di te e non è semplice scegliere quale tra i tanti potesse descrivere la persona meravigliosa che sei stata. Ognuno a modo suo ha conosciuto un pezzetto di te, e
nonostante fossimo cresciuti insieme, solo dopo la tua assenza ho scoperto così tante cose che ignoravo.. A partire dalla tua fede, così limpida e così profonda, si ok sapevo quanto ti dedicavi all’oratorio.. sapevo che
suonavi la chitarra ogni domenica durante la messa.. sapevo che eri una “sentinella”.. Ma non immaginavo la tua fede così forte da metterti completamente nelle mani di Dio, così che ha voluto averti accanto.
Nei miei ricordi ti vedo sempre col sorriso, così spontaneo e contagioso.. Di corsa, con un sacco di cose da fare e sempre felice di correre a farle.
Ti rivedo una sera mentre mangi veloce al tavolo della cucina, appena arrivato e già ti aspettava un altro impegno.. Due battute due risate e scappavi che era tardi..
Oppure una domenica, dopo la messa sei tornato a casa e la porta non si apriva, neanche il tempo di dirtelo e ti eri già arrampicato sul balcone entrando con un sorriso dalla finestra e lasciando noi a bocca aperta!
Tu eri così, agivi. Non perdevi tempo. Vivevi!
Ho tanti episodi nel cuore che mi fanno sorridere, ma il ricordo più vivo di te è il tuo sorriso sincero con i tuoi occhi che ridono. Quel viso raggiante che tanti anni fa incontravo per primo ogni mattina, un saluto, l’augurio di buon lavoro e il tuo sorriso così contagioso, con la voglia di affrontare un’altra giornata, con gioia.

Monica

Ha fatto le sue stupidaggini da ragazzino, come tutti.

È difficile scrivere di Bicio quando già è stato detto tanto su di lui. Sembra una cosa
semplice, scontata e invece non lo è. Almeno per me. Ci tengo a dare il mio contributo in modo che la bella persona che era venga ricordata e raccontata nel modo giusto, con semplicità e purezza, ma soprattutto con tutti i difetti e le debolezze che ogni essere umano ha. Bicio aveva il cuore puro, il coraggio di non chiudersi in un ambiente frequentando solo persone che la pensano come lui ma essendo aperto alle persone BELLE, da qualsiasi parte venissero. Era anche un gran rompi scatole con tutta sta storia di Gesù, bisogna dirlo, quando tornavo a messa dopo molto tempo lo vedevo tutto contento e compiaciuto, credeva di dovermi “maneggiare” con cura per farmi riavvicinare piano piano… mi scappa un sorriso.
Aveva Dio dalla sua, non è mica facile competere. Nelle discussioni era un gran
testone eh! arduo fargli cambiare idea quando si fissava come un caprone. Ha fatto
le sue stupidaggini da ragazzino, come tutti, rido ancora per lo sguardo di
disapprovazione che gli mandava Franci mentre le raccontava. Era speciale per
questo. Ha vissuto in pieno la vita e io lo stimo così tanto. L’oratorio è il punto
nevralgico della sua storia, attraverso il gioco, lo sport e un prete che sa fare il suo
mestiere Bicio ha avuto un cambiamento profondo che l’ha segnato. Come per molti
l’oratorio è stato il luogo dove più ci siamo sentiti accettati e amati per ciò che siamo, a sua volta abbiamo apprezzato e amato le persone conosciute in questo luogo che ci ha formato e unito in maniera inossidabile. Manca tanto, troppo, e noi rimaniamo qui come sempre con tante domande e un vuoto nel cuore. Mi piace pensarlo sulla vetta di un monte appena scalato, con la sua chitarra e la sua voce non proprio melodica (scusa amico non te l’ho mai detto) che ci guarda e sorride in pace.
Grazie per aver incrociato il mio cammino fratello, sei un esempio raro e io non ti
dimenticherò mai. Ti voglio bene

Claudia

Il mio Angelo

Nell’anno 1985 mi sono gravemente ammalata e dal 2001 ho iniziato il calvario della dialisi. È stato un periodo difficile
della mia vita e negli anni successivi pur facendo dialisi, terapie, analisi e controlli non sentivo più la forza ed il coraggio
di vivere: troppa sofferenza.
Nell’anno 2004 dovevo recarmi presso la struttura sanitaria di Omegna per fare una visita e delle analisi e chiesi di essere accompagnata da personale della CRI di Cannobio. Quel giorno in CRI era di servizio un giovane ragazzo soprannominato Bicio, volontario in servizio civile, che venne ad accompagnarmi e guidò il mezzo per trasportarmi ad Omegna.
Quel giorno stavo veramente male e non volevo saperne più di vivere, volevo solo morire. Con me però c’era un angelo,
Bicio, io lo chiamo così: “ il mio Angelo”, si rese subito conto che non stavo bene; continuava a guardarmi dallo specchietto retrovisore chiedendo ripetutamente come stavo , se stavo bene. Io gli rispondevo che stavo bene anche se stavo molto male e lui se ne rese conto subito. Finita la visita e le analisi, Bicio, non fece rientro a Cannobio per portarmi a casa ma mi condusse in Dialisi a Verbania, anche se non era il giorno di mio turno.
La dottoressa presente in reparto mi ricoverò subito in ospedale e dopo aver preso conoscenza del grave stato di salute
in cui versavo in quel momento mi confidò: Signora Pezzulo lei oggi è stata fortunata, quel ragazzo le ha salvato la vita.
Se non l’avesse condotta qui forse lei non sarebbe giunta a casa in vita.
Fabrizio è veramente un Angelo devo a lui la mia vita, e tutto ciò di cui ancora oggi godo. Non riuscirò mai a ringraziarlo
abbastanza e a ricordarlo nelle mie preghiere. Nel 2007, grazie ad un benefattore, sono stata sottoposta a trapianto di rene presso la struttura sanitaria di Novara.
Il mio più sincero e grande grazie va al mio amico e caro angelo “Bicio”.

Rita

L’importanza di una vita affidata a Dio

Fabri (credo di essere l’unica ad averlo sempre chiamato così e non Bicio!) è stato mio fratello per 17 anni, e ora è il mio angelo custode, non voglio usare questo termine in modo superficiale, io credo veramente che lui ora si prenda cura di me, me ne accorgo giorno per giorno. Dal 3 gennaio la mia vita è cambiata, all’inizio pensavo che non avrei mai più potuto ringraziare Gesù, neanche per le cose belle che comunque continuavano ad accadere, ero arrabbiata con Lui e la mia preghiera era solo una richiesta di aiuto per andare avanti… ma poi con il passare dei mesi, la mia vita ha iniziato a cambiare in un altro senso,
ma soprattutto il mio cammino di fede. Ho iniziato a fidarmi di Lui, e a capire che se lo aveva portato via da questa terra un motivo ce lo doveva pur avere, e ora ne sono convinta. Da quando mio fratello non è più
presente fisicamente lo è molto di più spiritualmente, lo sento nella preghiera, preghiamo insieme, semplicemente da due posti diversi. È sempre stato un mio punto di riferimento, d’altronde come lo è ogni
fratello maggiore, ho sempre avuto stima di lui, perché sapeva fare tante cose, era molto creativo, in effetti ero un po’ gelosa da ragazzina di queste sue capacità ma poi crescendo mi sono accorta di avere dei talenti anche io, l’unica cosa che ancora oggi non ho raggiunto è la sua grande fede, ma questo mi spinge sempre, ogni giorno a cercare di fidarmi di Dio, di affidarmi a Lui, come Fabri ha fatto nella sua vita.
Ricordo quando passata la cresima e incominciate le scuole superiori mi sentivo un po’ ribelle, e la messa della domenica non era certo la mia priorità. Un giorno, una domenica per la precisione, erano le 10.30 più o meno e Fabri come sempre si era appena svegliato e si stava preparando per andare a messa, mi disse:
<vieni a messa?> io da vera ribelle gli risposi che no, non mi andava quel giorno di andare a messa, che avrei preferito andarci quando me lo sentivo (tutte cose sentite dire che però mi sembravano un’ottima scusa per cazzeggiare la domenica mattina e magari andare a fare un giro al mercato con le amiche, oppure semplicemente per dormire fino all’ora di pranzo), per quella risposta lui si arrabbiò molto, sembrava offeso, ma soprattutto dispiaciuto, così iniziò a spiegarmi quanto fosse importante la domenica, quel rito in cui Gesù ogni volta si offriva e moriva per noi per i nostri peccati, ogni domenica, Lui sarebbe stato lì anche
per me, e io per pigrizia non ci andavo, non accoglievo il Suo invito. Non ricordo se quel giorno andai a messa, ma dalle volte successive, cercai di perderne il meno possibile. Quelle parole, quella “ramanzina”
che mi fece quella domenica fu l’inizio della mia vera conversione. Non avevo scuse, non potevo dire di fare fatica a svegliarmi per la messa delle 11, perché magari la sera prima avevo fatto un po’ tardino (forse massimo mezzanotte visto che ero ancora una ragazzetta!!!), mentre Fabri spesso aveva dormito 4/5 ore perché la sera prima era andato con Franci alla luce nella notte a Milano o Desenzano, e pensare che
potevano fermarsi lì a dormire, avevano tanti amici che potavano ospitarli però loro tornavano a casa, anche 3 ore di macchina, perché la domenica mattina c’era la messa, e loro dovevano suonare e cantare per festeggiare quel miracolo che si compiva ad ogni volta che solo più tardi iniziai a comprendere…
In casa non c’era mai, era sempre impegnato, di giorno era sempre a lavorare, poi all’ora di cena passava a casa, correva su in camera a prendere la sua chitarra o il suo zaino, e dal corridoio urlava “ciao famiglia”,
ogni volta in quello zaino c’era qualcosa di diverso… dalle scarpette di arrampicata ai raccoglitori stracolmi (che solo con il tempo ho capito che contenevano testi di canzoni, materiale per l’educazione dei giovani…).
Al mattino, spesso mi accompagnava a scuola in macchina, la sua auto unica, era piena di cose, e poi si ascoltava buona musica! Data la differenza di età di 10 anni quando ero piccola lo vedevo proprio grande grande, poi iniziate le superiori ho iniziato a sentirmi più vicina a lui. Ora i suoi amici sono anche i miei, e questo è uno dei tanti magnifici doni che mi ha lasciato.
Il tempo della malattia non fu facile. I nostri genitori però hanno deciso di lasciarci all’oscuro di ciò che stava realmente accadendo. Non conoscevo realmente quella malattia che in 8 mesi lo avrebbe portato via
da qua. Quando sentii la prima volta la parola tumore pronunciata dopo una delle prime visite mediche mi spaventai molto, iniziai a pregare, e da quel momento, non ci fu giorno in cui non chiesi a Dio di proteggere il mio caro fratellone. I miei genitori ci hanno sempre mostrato una serenità piena di speranza e affetto,
soprattutto nei confronti di Fabri, che ne aveva bisogno. Iniziai ad apprezzare veramente mamma e papà.

Francesca era sempre con lui, sempre, anche nei momenti più difficili, lei e mia madre sono le donne più forti che abbia mai conosciuto. Franci veniva a prenderci per andare a messa, anche quando mio fratello già non camminava più, ma sulle sue spalle sempre la chitarra, e sul viso sempre un limpido sorriso. Capii ancora di più quanto fosse importante la messa per lui.
Ricordo i suoi occhi brillare e piangere, quando il parroco veniva a portargli la comunione a casa nell’ultimo periodo in cui non si poteva più alzare dal letto. Iniziai a capire il vero valore dell’eucarestia.
Ora non posso che ringraziare il Signore per avermi regalato Fabrizio, e non posso che ringraziare Fabrizio per avermi fatto conoscere il Signore, e in questo periodo, in cui sto realmente apprendendo l’importanza
di una vita affidata a Dio, il mio esempio è lui, che lo aveva capito già da molto tempo.

Alessandra

La tua incrollabile certezza che il Signore non ci abbandona.

Ogni persona che passa nella nostra vita è unica. Lascia un po’ di sé e si porta via un po’ di noi. Ci sarà chi si è portato via molto, ma non ci sarà mai chi non avrà lasciato nulla. Questa è la prova che due anime non
si incontrano per caso” (Jorge Luis Borges)
E così mi riappari alla mente mentre discutiamo nei gruppi della vita, dei sogni, delle prospettive future, della fede (a volte ti ho invidiato per la tua incrollabile certezza che il Signore conosce il cuore e desideri di
ognuno di noi e non ci abbandona mai), mentre prepariamo i campi scuola, mentre camminiamo sulle orme di S. Francesco, mentre facciamo il cammino per Santiago, mentre siamo a Lourdes, mentre
preghiamo, mentre scherziamo (spesso sulla mia “veneranda età”!) e su molte altre stupidaggini, nei preparativi delle tante iniziative dell’Oratorio, le serate in cui ci siamo incaponiti a lavorare per preparare i
calendari dell’Oratorio … già perché i tuoi tempi erano molto più lenti dei miei e soprattutto più rilassati.
I ricordi sono tanti, non devo fare nessuna fatica per evocarli, basta un nulla ed eccoli, chiari…
Mi riappari carico di entusiasmo quando hai cominciato a frequentare il gruppo delle “Sentinelle”: un modo nuovo, giovane di promuovere la Parola. Giovani che parlano ai giovani della bellezza dell’incontro
con il Signore.
Nei mesi di malattia, non ti lamentavi che era toccato a te, la tua preoccupazione era sempre che nonostante l’impegno i risultati erano sempre inferiori allo sforzo profuso, ma la speranza c’è sempre stata. Ti immagino a percorrere, libero da vincoli fisici, le grandi “montagne di Dio”, chissà quante belle arrampicate potrai fare!
Jung dice: “L’incontro tra due persone è come il contatto fra due sostanze chimiche: se c’è una reazione entrambi si trasformano”.
Non so che trasformazione io abbia potuto operare in te… so per certo quello che ha significato per me perché ogni esperienza che abbiamo condiviso mi ha fatto camminare e spero migliorare e se oggi sono
così è certamente perché insieme abbiamo condiviso un pezzo “di strada insieme”…

Grazia

Siamo fatti per il Cielo!

Ho conosciuto Bicio nell’estate del 2008, durante la missione di spiaggia delle Sentinelle del Mattino a Cagliari.
Di lui mi colpirono due cose:

  • Aveva attraversato l’Italia per Gesù;
  • La gioia che traspariva dalla sua persona.

Era evidente che questa gioia non era solo una caratteristica temperamentale, ma un vero e proprio frutto dello Spirito Santo, della Sua azione nella sua vita.
Quando c’era da scherzare e ridere era il primo, ma quando si parlava di Dio prendeva la faccenda molto sul serio. Voleva davvero conoscerlo e incontrarlo.
Ci siamo salutati con la promessa di rivederci a Cannobio. Io, purtroppo, non sono riuscita ad adempiere a questa promessa. Tuttavia posso dire che l’amicizia con Bicio è cresciuta proprio da quando lui è passato dall’altra parte.
Da subito ho percepito di avere un amico in Cielo. Un amico a cui affidare i miei pensieri, le mie gioie, i miei dolori, affinché li presenti a Dio e possa intercedere per me.
La sua morte mi ha insegnato e mi ricorda ogni giorno che siamo fatti per il Cielo: da lì veniamo e a lì siamo destinati. Se anche non siamo perfetti possiamo contare su qualcuno che ci prepara la strada.
Non ho adempiuto a quella promessa, ma ho la certezza, nella Fede, che un giorno davvero ci rincontreremo.

Susanna

Un ragazzo dalle grandi scelte

Ho moltissimi ricordi legati a Bicio… quasi mi è impossibile formulare un testo con un senso logico, perché sono tante le cose belle che ricordo di lui.
È un stato ed è un ragazzo dalle grandi scelte: sappiamo tutti che l’adolescenza rappresenta il periodo “critico”, nel quale siamo “sballottati” di qua e di la dal “gruppo o dalla persona trainante”… ecco, proprio in quel periodo fece la sua prima grande scelta che ricordo: frequentava una compagnia di ragazzi che non erano presenti in oratorio. Lui stava iniziando piano piano ad entrare nel gruppo degli animatori, aiutando un po’ nell’animazione. Un giorno convocò tutti noi
animatori più grandi nella cappellina dell’oratorio, perché aveva una notizia importante da comunicare: aveva già parlato con i suoi amici del suo “vecchio” gruppo. Aveva deciso di staccarsi un po’ di più dalla precedente compagnia, perché voleva impegnarsi di più con l’animazione in oratorio insieme a noi e a don Marcello.
Questa sua decisione e soprattutto il fatto di averla comunicata direttamente nella cappellina, davanti a Gesù, mi ricordo che ci fece rimanere tutti di stucco. Con i suoi amici, è rimasto in contatto e non si sono risentiti per la sua scelta. Non so cosa lui abbia comunicato a loro, ma sono convinta che abbiano capito. In quegli anni ancora non eravamo fidanzati, ma ho iniziato a conoscerlo sempre di più, apprezzando moltissimo quel suo gesto pieno di coraggio e fermezza.
Da quella sua scelta “radicale”, posso dire che è stata un’ascesa continua: è cresciuto dentro di lui il suo amore per l’oratorio, per i ragazzi, per Gesù! Era attento a ciascun giovane, ad ogni sua esigenza: sapeva trovare le parole giuste e i gesti adatti per ogni situazione e si arrabbiava quando la vita in oratorio non andava come doveva, ci rimproverava tutti, ma con amore, perché aveva a cuore la crescita cristiana di ciascuno di noi! Il culmine di tutta la settimana per lui era la domenica alle 11:00, con la messa insieme alla comunità. Il suo servizio era prezioso, in quanto accompagnava i canti con la chitarra, coinvolgendo i ragazzi nel canto.
Non posso inoltre dimenticare la sua carica e il suo essere trascinatore verso tutti noi, me compresa… quante volte mi ha spronato a “buttarmi” nelle situazioni senza paura! Negli ultimi anni, quando sono entrata con lui in un progetto di nuova evangelizzazione, abbiamo conosciuto moltissimi giovani, e in ciascuno, lasciava il segno… aveva proprio un grande carisma, quasi da essere “invidiosi”! Con questo Progetto la sua fede è aumentata ancora di più, diventando davvero contagioso e tanto da proporre di ritrovarsi una volta al mese per un’adozione, da vivere insieme a tutta la comunità cannobiese: è nato il “Venite a Me”, tuttora esistente. Negli anni della malattia invece, ricordo la sicurezza nel mostrarsi malato, in carrozzina. La messa della domenica non è mai mancata: lo andavo a prendere e così entrava in chiesa, senza timore né vergogna. Ha sempre avuto molta forza fisica, ma nell’ultimo periodo, quando era venuta a mancare, Gesù gli aveva donato il vigore dello Spirito!!

Francesca

Un ragazzo pieno di entusiasmo!

Sono passati ormai più di quattro anni da quella sera di gennaio in cui una voce amica tra le lacrime mi diceva che Bicio era morto. Quattro anni un cui più di una volta ho provato a ripensare a quell’amicizia che era nata in oratorio tra un giovane pretino appena ordinato ed un ragazzo che si
apriva pieno di entusiasmo verso il futuro. Oggi mi tornano spesso immagini, come delle foto tanto care a Bicio, e vorrei condividerle con tutti voi per cercare di raccontare Bicio che ho conosciuto.
Nella prima foto mi vedo Bicio mentre esce dal cancello dell’oratorio… Uscire, andare verso gli altri. Si, Bicio era così non era uno che si chiudeva nel suo gruppetto, nella sua comunità… voleva andare incontro a tutti per raccontare il Dio che aveva incontrato. Nei sei anni in cui abbiamo collaborato in oratorio una delle sue “ansie” era quella di raggiungere più persone possibili, di
coinvolgere e far conoscere a tutti le belle cose che si cercavano di fare. Da Bicio era nata l’idea di creare un giornalino dell’oratorio da distribuire per tutto il paese, per far si che ogni persona potesse
conoscere le nostre iniziative e potesse essere incontrato da una parola buona.
Seconda immagine è Bicio fuori dalla chiesa dopo la messa delle 11 alla domenica. La messa domenicale era un appuntamento fondamentale per lui. Mi ricordo che parlando dei ragazzi che non partecipavano alla messa era solito dire che Gesù nell’ultima cena ha detto “fate questo in memoria di me”, non ha detto se volete, se ve la sentite ma Gesù mi “ordina” di fare ogni domenica quello che lui mi ha lasciato e nessun cristiano dovrebbe non prendere su serio queste parole.
Questo prendere sul serio l’invito di Gesù a celebrare la messa non era solo una questione formale, celebrare l’Eucaristia domenicale per Bicio significava mettere tutto se stesso , le sue doti e la sua grinta per rendere ogni volta particolare la celebrazione attraverso il canto e la musica.
Mi ricordo nell’ultima mia estate a Cannobio, quando già non poteva uscire di casa, una domenica pomeriggio mi chiese di celebrare da lui una messa perchè sentiva la mancanza di quell’appuntamento che aveva segnato con forza gli ultimi anni della sua vita. Non mi scorderò l’intensità di quel momento, seduti intorno ad un tavolo in giardino, con Francesca, una delle messe
più intense e belle che abbia mai celebrato. Al momento delle comunione pur nella sofferenza del momento si leggeva nei suoi occhi la gioia di incontrare Gesù Eucarestia.
Terza foto Bicio che suona la chitarra davanti all’altare. L’amore per l’Eucaristia e il desiderio che le nuove generazioni di ragazzi si innamorassero di Gesù non si esaurita con la celebrazione domenicale, ricordo infatti in un viaggio in macchina verso Desenzano in cui ha preso forma
“VENITE A ME”. Già da un po di tempo si discuteva insieme su trovare un formula di preghiera che potesse aiutare i ragazzi a fermarsi davanti a Dio in preghiera e Bicio affascinato dell’esperienza delle sentinelle del mattino propose con forza un momento di adorazione, animato dai canti. Pian
piano è nata l’idea è Bicio, come era solito, volle pensare anche a un campagna pubblicitaria per l’evento, volantini d’invito per i ragazzi, striscioni da mettere fuori di chiesa di santa Marta… nulla doveva essere lasciato al caso per aiutare giovani ed adulti ad incontrare Gesù e per ricordare a tutti
quelli che passavano che in chiesa c’era Gesù che li aspettava. Anche davanti alle difficoltà non si é mai arreso. I primi incontri di preghiera dal punto di vista numerico sono stati un po’ un fallimento ma nessuno si è arreso, se è un’opera di Dio andrà avanti e con insistenza si è proseguito il cammino.
L’ultima foto che mi viene alla mente e Bicio mentre si diverte in mezzo agli altri. Che fosse con un pallone da calcio, arrampicandosi, stando con gli amici, Bicio è sempre stato un ragazzo che si divertiva. Il suo divertirsi era segno della sua fede, non una fede di precetti ma una vede vissuta
nella gioia di assaporare in ogni momento le cose belle che Dio metteva nella sua vita. La natura, gli amici, la musica… guardando Bicio vedevi trasparire la gioia di chi sa che Dio è sempre con lui.
Anche nei giorni della malattia e della sofferenza cercava di trovare la bellezza intorno a lui e ad assaporare ogni momento bello come un dono di Dio.

Don Emilio

Bicio: testimonianza di amore per la Chiesa

Bicio si avvicina in un pomeriggio di fine estate e mi dice “Don perché non proponiamo agli animatori più giovani un
cammino di formazione?”. “Benissimo Bicio ma cosa gli proponiamo? Di scuole animatori ormai ne abbiamo fatte
tante…”, e Bicio subito mi risponde “avevo pensato un cammino sull’essere comunità.”.
E da quell’idea è iniziato un percorso che ha coinvolto altri animatori più grandi nella progettazione e nella realizzazione
del cammino. Un bellissimo cammino che ancora a distanza di anni mi ricordo, una riflessione profonda e concreta su
cosa significa essere una comunità prima nella vita, poi in oratorio e alla fine nella grande comunità della Chiesa.
Non solo teoria sterile ma una forte esperienza di vita insieme attraverso momenti conviviali (le cene che concludevano gli incontri), la proposta delle prime convivenze in oratorio (quanta fatica in quelle settimane), nell’incontro con testimoni vivi della bellezza di vivere la fede insieme agli altri.
Perché Bicio era questo: un cristiano che sentiva di appartenere alla Chiesa nel bene e nel male, quando le cose andavano
ed anche quando le cose non andavano. Una voglia matta di dire a tutti che è bello vivere la fede con gli altri, quando incontri Cristo non è possibile tenertelo per te ma devi raccontarlo a tutti e prendere per mano ed accompagnare chi fa più fatica a sentire Dio.
Che bella testimonianza di amore per la Chiesa, un amore concreto e contagioso che tante volte mi ha svegliato dalla mia
pigrizia e da rischio di accontentarmi di vivacchiare nella mia missione di prete, che ancora oggi mi fa dire che non devo
aspettare che la Chiesa cambi per amarla ma che se amo la Chiesa (la mia comunità) devo essere il primo a darmi da fare per renderla sempre più bella e vera.

Don Emilio

Quel: “Non ce la faccio a non fare niente..”

Sono tanti i momenti che ricordo di aver vissuto assieme a Bicio e altrettante sono le emozioni che mi ha donato. Scelgo di raccontare questa storia in quanto credo che possa rivelare in maniera lampante alcuni aspetti della personalità e dell’ESSERE animatore di Bicio.
In un oratorio non sono certo rari i momenti di sconforto o di difficoltà che gli animatori possono incontrare, i motivi sono vari e innumerevoli e non serve esplicitarli.
Ci trovavamo in oratorio per dei lavori di pulizia e preparazione in vista di un qualche genere di evento. Ovviamente (essendo una regola dell’oratorio) i lavori erano tanti, le persone poche così come il tempo a disposizione. Noi animatori più giovani eravamo un pochino demoralizzati e sconfortati dalla situazione che si era creata. Inoltre uno degli animatori più grandi un pochino frustrato anche lui dalla situazione disse: “Bicio smettila di lavorare, non dobbiamo sempre essere noi a tappare i buchi”.
Ricordo ancora esattamene l’atteggiamento e le parole di Bicio; senza smettere di fare quello che stava facendo con gli occhi leggermente sgranati ma allo stesso tempo con il sorriso sulle labbra disse: “Non ce la faccio a non far niente”, e continuò a lavorare.
Credo che questo episodio faccia risaltare alcuni aspetti importanti della figura di Bicio. La tenacia nell’affrontare ogni
genere di situazione, ma soprattutto l’amore nel donarsi gratuitamente e incondizionatamente all’oratorio e al suo senso più profondo. Quel “non c’è la faccio a non far niente”, infatti, andava ben oltre la semplice manutenzione di un edificio.
La genuinità, la spontaneità e il senso profondo di quell’atteggiamento mi colpirono molto, mi fecero pensare ma
soprattutto crescere e, tutt’ora continuano a farmi crescere.

Walter

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